lunedì 10 ottobre 2011

Stavo lì.

Il silenzio è la parola degli alberi, l'unico linguaggio da loro compreso.
Stavo lì seduto su quei cumuli di fieno e nonostante tutto mi giungeva il tuo odore, lontano una notte, lontano una bottiglia di vino. Era lì che per istanti mi giungeva al naso, per altri mi prendeva per mano, una guida lunga un giorno.
Stavo lì che pensavo, ma se smettevo ero comunque lì, tanto bello quanto inutile, il pensiero, al mondo piacciono i fatti, gli atti e i sipari chiusi su di noi. Si aprano le danze allora per un nuovo sommesso battito, un tumulto distante quanto l'ultima luce dell'ultimo buio del cielo.
Stavo lì e volevo starci, disteso in quei centimetri di domande, i fiori mi guardavano strano, ero l'unico essere senza petali lì in mezzo, io che potevo vivere senza il sole ma pronto a diventar cieco pur di non dargliela vinta.
Io che, si, me ne stavo lì ed esistevo, esistevo assieme al cielo, agli insetti e al vento, per quanto un uomo provi a voler esser parte di tutto questo sa che non ci riuscirà mai, le grida della natura sono insostenibili, sono il silenzio che uccide, che disperde, un suono troppo forte, un silenzio mai silenzio, la risposta all'angoscia originale tanto bella quanto mortale.
Stavo lì, e pensavo a te, il miglior modo per svuotare il cervello e riempire il cuore. Stavo, ma non starò qui seduto sul ciglio della memoria a pescare in un fiume di ricordi, non starò qui ad aspettarti con queste esche che sono i miei occhi, le avrò già poggiate sul mare.

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